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Accogliere il Signore che viene: fare silenzio e ascoltare
Lunedì 02 Dicembre 2019 16:55

 

Noi, credenti in Dio e professanti l’adesione all’economia cristiana, cioè al disegno stabilito da Dio stesso circa il nostro destino e instaurato da Cristo,  siamo i primi a riconoscere d’avere bisogno d’un aiuto trascendente, divino, preveniente e gratuito, la grazia, per entrare effettivamente nel piano salvifico della nostra religione; cioè noi non bastiamo a noi stessi per risolvere positivamente il grande problema, di cui dicevamo, quello del rapporto con Dio; e siamo perciò assimilati, sotto questo aspetto del bisogno d’essere salvati, per via della misericordia e dell’amore di Dio verso l’uomo, ad ogni altro essere umano, ateo o indifferente che sia.

 

 

Ma per usufruire di questa somma fortuna dell’intervento salvifico del Signore all’uomo adulto sono domandate alcune condizioni…

L’altra parola, che suggeriamo per simile condizione spirituale, sembra una contraddizione, ma è un semplice e ragionevole paradosso; ed è la parola silenzio.

Per cogliere qualche cosa del problema religioso abbiamo bisogno di silenzio; di silenzio interiore, il quale reclama forse anche un po’ di silenzio esteriore.

Silenzio: vogliamo dire pausa di tutti i rumori, di tutte le impressioni sensibili, di tutte le voci, che l’ambiente impone alla nostra ascoltazione, e che ci rende estroflessi, ci fa sordi, mentre ci riempie di echi, d’immagini, di stimoli, che, volere o no, paralizzano la nostra libertà interiore, di pensare, di pregare.

Silenzio qui non vuol dire sonno: vuol dire, nel caso nostro, un colloquio con noi stessi, una riflessione tranquilla, un atto di coscienza, un momento di solitudine personale, un tentativo di ricupero di se stessi.

Diremo di più: daremo al silenzio la capacità di ascolto. Ascolto di che cosa? di chi? Non possiamo dire; ma sappiamo che l’ascolto spirituale lascia percepire, se Dio ce ne fa grazia, la sua voce, quella sua voce, che subito si distingue per dolcezza e per vigore, per parola sua, di Dio; il Dio, che allora, quasi per istintivo impulso, noi incominciamo dentro a chiamare, con avidità di conoscere e di capire, con angoscia e con fiducia, con insolita commozione e con invadente bontà: il Dio-Verbo, fatto maestro interiore.

Siamo condotti su questa traccia dalla stagione liturgica dell’Avvento:

tacere per ascoltare!

san Paolo VI

 


 

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