È Cristo la medicina per l'egoismo |
Sabato 03 Dicembre 2022 12:10 |
Tasche piene, ma cuori svuotati “Papa Francesco ripete con dolce insistenza e la consapevolezza paterna di chi non si scandalizza per la nostra debolezza e per le contraddizioni del cuore umano: «Se vivo per le cose del mondo che passano, torno alla polvere, rinnego quello che Dio ha fatto in me. Se vivo solo per portare a casa un po’ di soldi e divertirmi, per cercare un po’ di prestigio, fare un po’ di carriera, vivo di polvere». Cosa c’è di umano nel vivere per i soldi, nel riempire le tasche e nello svuotare il cuore? Il nostro cuore è malato. La nostra società è malata. Lo vediamo da tanti segnali: l’inverno demografico è la prova che siamo chiusi al futuro e all’imprevedibile che ogni nuova nascita di un bimbo o una bimba arreca; la chiusura verso chi proviene da altre zone del mondo ci dice che non abbiamo ancora capito che il mondo è per davvero «il villaggio globale» e che deve diventare «la casa comune» di cui ci parla Laudato si’; i consumi astronomici di antidepressivi che si registrano in Italia ci parlano di un Paese stanco, disilluso, ripiegato su di sé. Dove trovare dunque quel colpo d’ala che ci può far rinascere, come persone e come comunità ? Papa Francesco ha sempre unito lo spirituale alla storia. Cosa diventa, infatti, il cristianesimo quando resta disincarnato? La medicina per curare la nostra infermità spirituale ha un nome, Gesù: «Solo Gesù, che conosce e ama il nostro cuore, può guarirlo». Perché il nostro cuore è ferito dal nostro egoismo, dalle nostre piccinerie, chiusure e autolesionismi. Sì, «il peccato è come un velo scuro che copre il nostro viso e ci impedisce di vedere chiaramente noi stessi e il mondo; il perdono del Signore toglie questa coltre di ombra e di tenebra e ci ridona nuova luce». Abbiamo bisogno di questa luce come abbiamo bisogno dell’aria per respirare. E questa luce ci viene incontro nella Parola di Dio: è il racconto della vita di Gesù, che troviamo nel Vangelo, l’attestazione bella e gioiosa che Dio non è una divinità lontana né un idolo insensibile. Il Dio cristiano si è manifestato in un bimbo che è nato in una stalla, in un uomo che predicava la pace e la misericordia, in un crocifisso che si è arreso alla malvagità umana.†(+ Matteo Zuppi) “Papa Francesco ripete con dolce insistenza e la consapevolezza paterna di chi non si scandalizza per la nostra debolezza e per le contraddizioni del cuore umano: «Se vivo per le cose del mondo che passano, torno alla polvere, rinnego quello che Dio ha fatto in me. Se vivo solo per portare a casa un po’ di soldi e divertirmi, per cercare un po’ di prestigio, fare un po’ di carriera, vivo di polvere». Cosa c’è di umano nel vivere per i soldi, nel riempire le tasche e nello svuotare il cuore? Il nostro cuore è malato. La nostra società è malata. Lo vediamo da tanti segnali: l’inverno demografico è la prova che siamo chiusi al futuro e all’imprevedibile che ogni nuova nascita di un bimbo o una bimba arreca; la chiusura verso chi proviene da altre zone del mondo ci dice che non abbiamo ancora capito che il mondo è per davvero «il villaggio globale» e che deve diventare «la casa comune» di cui ci parla Laudato si’; i consumi astronomici di antidepressivi che si registrano in Italia ci parlano di un Paese stanco, disilluso, ripiegato su di sé. Dove trovare dunque quel colpo d’ala che ci può far rinascere, come persone e come comunità ? Papa Francesco ha sempre unito lo spirituale alla storia. Cosa diventa, infatti, il cristianesimo quando resta disincarnato? La medicina per curare la nostra infermità spirituale ha un nome, Gesù: «Solo Gesù, che conosce e ama il nostro cuore, può guarirlo». Perché il nostro cuore è ferito dal nostro egoismo, dalle nostre piccinerie, chiusure e autolesionismi. Sì, «il peccato è come un velo scuro che copre il nostro viso e ci impedisce di vedere chiaramente noi stessi e il mondo; il perdono del Signore toglie questa coltre di ombra e di tenebra e ci ridona nuova luce». Abbiamo bisogno di questa luce come abbiamo bisogno dell’aria per respirare. E questa luce ci viene incontro nella Parola di Dio: è il racconto della vita di Gesù, che troviamo nel Vangelo, l’attestazione bella e gioiosa che Dio non è una divinità lontana né un idolo insensibile. Il Dio cristiano si è manifestato in un bimbo che è nato in una stalla, in un uomo che predicava la pace e la misericordia, in un crocifisso che si è arreso alla malvagità umana.†(+ Matteo Zuppi) |