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"E gli altri?" Tra ferite aperte e gemiti inascoltati: forse un grido, forse un cantico
Domenica 11 Dicembre 2022 09:43

Milano e la gente che abita in questo territorio non si stupirà se metto nel titolo di questo discorso un punto di domanda: perché voglio fare l’elogio dell’inquietudine…

Voglio fare l’elogio dell’inquietudine che bussa alle porte della paura.

La paura serpeggia nella città e nella nostra terra: è la paura di difficoltà reali che si devono affrontare e non si sa come; è la paura indotta dalle notizie organizzate per deprimere, per guadagnare consenso verso scelte d’emergenza, senza una visione lungimirante; è la paura dell’ignoto; è la paura del futuro. La paura induce a chiudersi in sé stessi, a costruire mura di protezione per arginare pericoli e nemici, ad accumulare e ad affannarsi per mettere al sicuro quello di cui potremmo aver bisogno, “non si sa mai”.

Alle porte della paura bussa l’inquietudine con la sua provocazione: e gli altri?

… Faccio l’elogio dell’inquietudine perché mi faccio voce della comunità cristiana, della tradizione europea e italiana, della lungimiranza sui destini della civiltà occidentale e, d’altra parte, non ho la pretesa di giudicare sbrigativamente o di disporre di ricette risolutive. Elogio l’inquietudine perché pensieri, decisioni, interventi siano attenti alla complessità e là dove sembra produttivo e popolare essere sbrigativi e semplicisti, istintivi e presuntuosi, l’inquietudine suggerisca saggezza e disponibilità al confronto, studio approfondito e concertazione ampia, per quanto possibile…

L’inquietudine non è un’inclinazione depressiva che può paralizzare il pensiero e l’azione nell’incertezza e nello scontento. È piuttosto un rimedio per contrastare la soddisfazione narcisista che si assesta in un egocentrismo rovinoso. Il confronto con “gli altri”, l’ascolto del gemito, la costruzione di rapporti fondati sulla stima, sull’attenzione, sulla riconoscenza, sono fattori di quell’umanesimo realista che rende desiderabili la convivenza civile e i rapporti tra i popoli.

L’inquietudine e il realismo sono le tracce della speranza che è stata seminata nella vicenda umana. Infatti, senza una speranza non si può vivere né si può desiderare di generare vita, di costruire il futuro, di sostenere le fatiche e di celebrare le feste.

(+ Mario Delpini, Discorso di Sant’Ambrogio 2022)

 

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